martedì 24 aprile 2007

Puzzacchioni Urbani

L’urbe puzza.

E’ un fatto innegabile.
Puzza di smog, di munnezza rancida, degli odori corporei di mille e mille cittadini.
Io sono ecologista e molto sensibile alla tematica della puzza corporea. Riciclo la plastica, la carta, il vetro e mi lavo. Sono una cittadina responsabile. Aiuto l’urbe a far fronte alle sue più pericolose emergenze: lo smog, la munnezza e la puzza.
Purtroppo, non posso dire lo stesso di tutti gli altri cittadini.
La puzza corporea è ormai un’emergenza sociale conclamata. Noi persone che ci laviamo e non puzziamo non ce la facciamo più a sedere nelle metro fianco a fianco con cittadini puzzolenti di carogne morte, a sederci in un piccolissimo ufficio con loro, sono persone irresponsabili che riempiono i trasporti pubblici, gli uffici, le case, le strade, i negozi di puzza puzzosissima che si sente che non hanno mai visto il sapone figurati se lo hanno mai usato. E non sto parlando della puzza di sudore che fa schifo però in questa città piena di effetto serra che a marzo fa un caldo che sembra giugno è pure normale che alle sette di sera dopo una giornata passata in giro tu un poco olezzi;sto parlando di persone che puzzano gia mille pesti alle sette del mattino e quindi non vi dico quando arrivano le sette di sera e che è? non ti senti che puzzi? Voi puzzacchioni non vi siete mai chiesti perché la gente vomita quando entrate in una stanza, come mai trovate sempre posto a sedere nell’autobus ed intorno a voi si forma come una specie di vuoto pneumatico? E’ per caso una strategia di sopravvivenza urbana? Avete capito che se puzzate il vostro capo non metterà mai piede nel vostro ufficio per affidarvi alcun incarico? Se è così avete tutto il mio rispetto.
Ma temo che il problema abbia radici più profonde.
Indipendentemente dal problema che genera la puzza (disfunzione ghiandolare, allergia al sapone, scelta consapevole che il deodorante aumenta l’effetto serra ecc) detta puzza genera orrore e raccapriccio in chi vi sta vicino. E’ nauseante, prende lo stomaco, viene da rimettere e ti passa la voglia di vivere. A volte sappiamo che state arrivando ancora prima di vedervi: la puzza vi anticipa.
Perché ci fate questo? Ma vi rendete conto che cosa significa starvi accanto per tutto il giorno? Io sono allibita: molti di voi hanno moglie, figli, compagni, mariti, cani ma come fanno a subirvi? Come fanno a mangiare a tavola con voi, a dormire nello stesso letto? Sono sudicioni e puzzacchioni pure loro? Hanno una scorta infinita di salviettine profumate?
Sono particolarmente interessata a questo tema: i puzzacchioni sanno di puzzare?
Ci sono tre sole risposte a questa domanda:

  • No
  • Si e se ne vergognano
  • Si e non lo ritengono un problema

Di queste tre possibili risposte solo la seconda merita comprensione
Passiamo ora alle altre due ipotesi. I puzzacchioni che sanno di puzzare e se ne fregano dovrebbero essere imprigionati e processati come criminali di guerra, responsabili del mal di stomaco e nausea di tutti quelli che conoscono o che vengono in contatto con loro. Con subdola premeditazione ed infinito egoismo impongono la loro puzza al mondo intero, che per uno strano pudore non riesce a mandarli a quel paese o anche solo a dirgli: scusa caro collega, hai per caso fatto il bagno nella fogna questa mattina?
E veniamo al punto cruciale: i puzzacchioni che non sanno di puzzare proliferano perchè noi glielo permettiamo!!! Si lo so, è una verità sconvolgente ma è proprio così: un puzzacchione che non sa di puzzare continuerà a farlo perché nessuno ha il coraggio di dirglielo…per pudore, per imbarazzo, per una deviazione perversa della buona educazione, al puzzacchione non si dice che puzza.
Tutti lo sanno ma nessuno glielo dice. Il puzzacchione continuerà a impestare tutti i luoghi chiusi che frequenta e noi a vomitare o a morire di puzza fino alla fine dei tempi perché dire ad una persona che puzza è semplicemente una cosa che non si fa. E’ questo il vero grande tabù del ventunesimo secolo.
Preferiamo girare in ufficio con una molletta sul naso, pur di non dire ad un collega che il suo odore ci fa rimpiangere di avere il senso dell’olfatto. Ma reagiamo allo stesso modo con perfetti sconosciuti: se in metro un puzzacchione si siede vicino a noi, ci scostiamo, proviamo a respirare con la bocca, mettiamo un fazzolettino profumato sotto il naso ma non glielo diciamo che puzza!! In fondo, cosa avremmo da perdere? E’ uno sconosciuto, un estraneo che non vedremo mai più,che cosa ci importa di ferire i suoi sentimenti? Eppure è cosi. Non esitiamo ad insultare anche pesantemente un tizio che ci taglia la strada in macchina ma non riusciamo a dire ad un estraneo che il suo odore ci sta causando la morte dell’apparato digerente. Facciamo cose molto più cattive del fare notare ad uno sconosciuto che puzza. Diciamo bugie, bestemmiamo, facciamo le corna al partner,prendiamo a calci i cani (io no eh?) però al puzzacchione no, al puzzacchione non gli diciamo niente. Da dove nasce questo strano pudore? Vorrei incolpare il cattolicesimo ma non sono sicura che c’entri.
Facciamo bene o male ad infrangere questo tabù?
Nel frattempo, mentre tentiamo di rispondere a questo dilemma, i puzzacchioni imperversano, alcuni ignari, altri consapevoli e sadici.
Al momento una sola cosa è certa: riusciamo a mettere webcam nelle nostre camere da letto e far vedere la nostra vita intima a tutto il popolo della rete ma non diremo mai al nostro vicino di casa che il suo fetore è insopportabile…
Strani tempi, i nostri tempi

Alcuni semplici consigli per una corretta guida urbana

Dopo un’approfondita analisi comportamentale di tutto cio’ che si muove sulle strade affollate della nostra urbe, ritengo che i consigli per una guida sicura (intesa come modalita’ di conduzione di un auto/motoveicolo non lesiva di persone,animali e altri esseri innocenti) si riducano semplicemente a alcune rapide indicazioni:

NON TENTATE DI PENETRARE LA MATERIA con il vostro mezzo meccanico.
La materia NON E’ PENETRABILE, continuare a premere l’accelleratore mentre vi dirigete verso un oggetto solido (auto, moto, guard rail , pedone,semaforo, ecc) servira’ soltanto a creare un rumoroso schianto nel quale la vostra auto/moto/autobus si distruggera’ in maniera piu’ o meno grave (a seconda dell’iperbolica velocita’ raggiunta) e piu’ o meno costosa. NON RIUSCIRETE MAI e dico MAI a dissolvervi graziosamente a due millimetri dall’impatto per poi riapparire qualche metro piu’ avanti rispetto all’oggetto solido che state puntando. Se non mi credete, acquistate in una qualsiasi libreria un testo di fisica elementare

NON TENTATE DI DECOLLARE se non siete alla guida di un mezzo meccanico che non ha due ali.
Guardate in basso: se il veicolo che state guidando ha delle ruote poggiate in terra NON VOLERA’ MAI per quanti sforzi di velocita’ facciate e per quanto tentiate di utilizzare le strade urbane come piste di rullaggio.

Prima di mettere in moto il vostro veicolo GUARDATE IN BASSO VICINO AI VOSTRI PIEDI: se nessun cavo di nessun genere vi collega ad un dispositivo elettronico rettangolare posto ad un metro di distanza da voi NON STATE GIOCANDO ALLA PLAYSTATION per cui, tutto quello che vi accadra’ nei prossimi minuti e’ reale!

E quindi:

  • non totalizzerete alcun punteggio investendo donne anziane con bastone o mamme con la carrozzina
  • non cambierete quadro se sorpasserete in curva in uno spazio di 4 cm un autotreno
  • se morite, non avete altre vite.

Se non mi credete, guardate verso sinistra, in basso del vostro campo visivo. Vedete forse uno o due omini colorati? Se la risposta e’ si, spero che mi stiate leggendo dal reparto psichiatrico di un ben sorvegliato ospedale urbano.

mercoledì 18 aprile 2007

Single Urbani

Una delle cose positive di essere single a trentacinque anni è che tua madre inizia a trovare accettabili TUTTI GLI UOMINI che le presenti. Chiunque le porti in casa, sarà accolto come un dio in terra, un essere soprannaturale che ha compiuto il miracolo di salvare sua figlia dalla maledizione della zitellagine.Tipi che appena qualche anno prima sarebbero stati oggetto di commenti sarcastici ed aspre critiche suocerine, diventano improvvisamente delle persone degne e buone,a cui fare un bel regalo a natale.

Una delle cose negative dell’essere single a trentacinque anni è che anche a te iniziano a sembrare accettabili tutti gli uomini che frequenti.
Tizi ai quali un paio di anni fa manco gliel’avresti fatta vedere, diventano improvvisamente delle storie possibili e, avendo ormai rinunciato da tempo all’uomo ideale, ci affanniamo alla ricerca e all’accettazione del meno peggio.
E non crediate che i maschietti stiano meglio. Noi femminucce siamo più abituate ad avere lunghi periodi di inattività sessuale, loro invece, dopo tre mesi che non scopano e trentacinque anni che non riescono a trovare una che piaccia alla loro mammina si fidanzano con la prima che gli capita a tiro, meglio ancora se lavora con loro, così non devono spendere manco i soldi dell’annuncio nella rubrica per cuori solitari. La maggior parte dei single maschi che conosco e che hanno contratto matrimonio negli ultimi due anni lo hanno fatto con la loro segretaria, la collega di stanza o il loro capo.In pratica, se sei single a trentacinque anni e lavori solo con donne, sei spacciata.
Noi single urbani, maschi e femmine, non siamo degli adulti funzionali.
Basta guardare quello che mettiamo nel carrello della spesa. A noi la Findus ci manda il cesto a Natale. Noi single urbani siamo collegati telefonicamente, telematicamente e telepaticamente; sentiamo i nostri amici al telefono o via e mail anche diciassette volte al giorno e sviluppiamo un sesto senso nei loro confronti.
Per esempio, quando il nostro amico del cuore inizia ad uscire con la troia del quartiere e s’innamora noi subito sensibilmente sentiamo che sta arrivando una tranvata.
Noi siamo le nuove tribù.
Ci guardiamo intorno, ci scegliamo e ci frequentiamo vivendo in una virtuale comune del ventunesimo secolo, in cui i muri sono stati sostituiti dalle fibre ottiche e dalle BTS. Mica come i parenti che ti capitano e te li devi tenere. Noi ci curiamo le ferite d’amore, facciamo la spesa l’uno per l’altro quando stiamo male,abbiamo sempre il telefono acceso anche la notte perché noi siamo amici a trecentosessanta gradi.Siamo una grande famiglia, l’urbe è la nostra casa.
Viviamo la nostra esistenza da trentacinquenni come se ne avessimo sedici, facendo tardi la sera,andando per locali, trovandoci degli interessi per incontrare altri single urbani. Sappiamo sempre qual è l’ultimo film in uscita, dove lo danno, quando e dove si terrà la mostra dell’architetto del momento,siamo sempre in ordine: lavati, puliti, profumati con mentine nella borsa (che non si sa mai). Eminenti sociologi hanno nominato questa condizione “complesso di Peter Pan” e ci hanno classificato come soli, tristi, depressi, infelici e con qualche sottile e complessa forma di disturbo della personalità (altrimenti, diciamocelo, qualcuno che ti si pigliava lo avresti pure trovato).Vorrei dire una cosa a questi eminenti sociologi: andate a cagare.

Essere single urbano è bello
E’ fantastico essere liberi, mangiare quando si ha fame, dormire quando si ha sonno, non andare in giro con macchie di vomito del pupo sulla camicia, avere tantissimi argomenti di conversazione oltre ai nuovi tipi di biberon…
Certo, è chiaro che ci farebbe piacere avere vicino un tipo o una tipa che stà lì a preparare la cena quando rientri ma se non la troviamo che dobbiamo fare? Davvero dobbiamo prendere il primo che passa e sposarcelo? Quando si arriva alla nostra età non si perde automaticamente la dignità: abbiamo dei sogni, dei desideri, delle speranze. E dopo che abbiamo assaggiato il brivido della libertà, dell’autodeterminazione,dopo che fatichiamo da una vita per arrivare a fine mese e vinciamo DA SOLI le nostre battaglia, acquistiamo semplicemente la cognizione del nostro valore…e se noi valiamo, chi ci sta accanto deve valere quanto noi, se non di più..quindi, cari sociologi, sappiate che se siamo soli..è quasi sempre perché lo vogliamo..
Evidentemente, non abbiamo incontrato altre persone che valgono quanto noi.

Il mio psicanalista me lo ripete da anni e quasi quasi inizio a crederci anch’io

Punzy&Totonno

Salve a tutti, vi presento Totonno.

Totonno è il muratore calabrese che vive nel mio stomaco.

E’ posizionato lì da sempre, con un’incidenza variabile sulla mia vita ( e sulla mia alimentazione). Cioè, non è che io sia afflitta da personalità multipla o schizoide di qualche altro tipo, solo che sono un essere doppio, con un simbionte stabilmente posizionato nell’esofago.

Può capitare a chiunque, insomma.

Ordinaria amministrazione.

Credo che le cose siano andate più o meno così: io e Totonno vagavamo in una qualche parte limbica in attesa di reincarnarci e, arrivato il nostro turno, entrambi abbiamo puntato il corpo di una neonata rosea e paffutella. Siamo arrivati insieme e, come conseguenza di questo ex aequo karmico, io mi sono presa tutto (essendo prepotente) e a Totonno è rimasto lo stomaco. Così, per il noto problema degli alloggi, ci siamo dovuti arrangiare; il problema fondamentale è che io sono un poco, come dire, distratta e non mi ricordo più nemmeno per quale cavolo di motivo ho deciso di reincarnarmi, mentre Totonno conserva perfetta ed intatta la memoria della sua vita precedente e me ne manda continui segnali sotto forma di voglie di panino con le melanzane piccanti alle sette del mattino.

La vita con Totonno ha fatto si che io fossi soprappeso per la maggior parte della mia esistenza avendo costantemente fame mai di yougurt e gallette di riso ma sempre di lasagne al forno o frittura di pesce.

Comunque, ho io il controllo eh?

Almeno la maggior parte delle volte.

Lo tengo a bada. Non gli permetto quasi mai di cedere all’impulso di fare tre pranzi di otto portate al giorno.

Certo, non è facile.
Totonno si sveglia al mattino presto, verso le cinque, come tutti i muratori che si rispettano, per cui alle dieci chiede una sana merenda di sfilatino al salame; il massimo che gli concedo, invece, è una banana, il che crea una specie di effetto solletico assolutamente insufficiente ad arrivare al pranzo. A mezzogiorno aziona l’idrovora e tutto ciò che c’è di commestibile nei miei dintorni viene risucchiato praticamente intero. Ovviamente, dopo trentacinque anni di convivenza faccio in modo che le uniche cose commestibili nei miei dintorni siano gallette di mais o vitasnelle varie e questo lo manda su tutte le furie. Più volte l’ho sorpreso ad interrogare i sindacati sulle possibilità di vertenza nei miei confronti.

Che ingrato.

Dopo tutto, nell’inutile e patetico tentativo di non ingrassare, bevo due litri d’acqua al giorno e questa, unita alle gallette di mais, dovrebbe creare una certa massa solida nel pancino.

Incurante di tutto ciò all’una devo prendere di corsa il cestino del pranzo, che io sia al lavoro o meno (in effetti, uno degli elementi più fastidiosi della mia vita da simbionte è dover avere continuamente delle cose da mangiare dietro, come se fossi una povera diabetica con le sue fiale di insulina nella borsa), catapultarmi nella saletta da pranzo, riscaldare il cibo in meno di un minuto e cercare di ingerirlo con calma mentre da qualche parte dentro di me sento :”lo stiamo perdendo! Zuccheri: 150 mg PRESTO!”
Inoltre, dato che, per via del soprappeso, il mio pranzo è in genere composto da verdure lesse e proteine alle due esso è stato completamente digerito e ricominciano le richieste di parmigiana di melanzane.

Alle quattro e mezza resisto a stento dal prendere a morsi i miei colleghi e alle cinque, a chiusura cantiere, devo concedergli una merendina a conclusione della sua dura giornata di lavoro. La merendina è anch’essa composta da similcibo con thè dolcificato ad aspartame, al quale Totonno risponde con un’acidità e una nausea che mi gonfiano fino alle sette di sera, il momento più difficile della giornata.
Per uno che si alza alle cinque del mattino, le sette di sera sono il termine massimo di resistenza al quale puoi arrivare se durante la giornata hai ingurgitato soltanto delle inezie alimentari; Alle sette Totonno non vuole capire niente: non avendo a disposizione l’idrovora, di proprietà del cantiere, ricorre a banali ma efficaci mezzucci per ricevere quanto secondo lui dovuto: cali di zuccheri, giramenti di testa, debolezza strutturale, continui e devastanti sogni ad occhi aperti dell’intero menù di tutti i matrimoni a cui ho partecipato fino a che, alle sette e mezzo, cedo di nuovo e gli fornisco uno spuntino, in genere composto da una mela o altra frutta di stagione. Il che lo appaga giusto per un nano secondo, il tempo di arrivare a casa e cucinarmi la cena, della quale in genere non sento nemmeno il sapore.

Ma i momenti più duri sono quelli in cui vado a trovare i miei genitori.

Le madri napoletane, si sa, fanno passare l’amore attraverso il cibo e per esternare l’affetto nei miei confronti ed in quelli di mio fratello, mia madre nel frigorifero ha cibo sufficiente a sfamare l’esercito delle dodici scimmie, la legione straniera, i bimbi del Biafra,gli orfani di Chernobyll e tutti i muratori degli innumerevoli cantieri aperti sulla Salerno-Reggio.

Praticamente, il Wahalla secondo Totonno.

In più mio padre, cuoco amatoriale, si diverte a combinare in maniera ispirata gli alimenti presenti nel FRIGOFERO DEL COMA ALIMENTARE facendo somigliare il mio week end di visita ad un banchetto di nozze che dura tre notti e tre giorni.
Come simbolo della continua orgia di cibo, troneggia perenne sul tavolo della cucina una lucente e calda mozzarella di bufala dal peso di tre kg e mezzo circa, che Totonno si sbafa per colazione.

Ovviamente, dato che in soli tre giorni ho goduto di un apporto calorico annuo, nelle settimane successive tento di recuperare mangiando esclusivamente frutta e verdura, giustificandomi con Totonno con appropriate affermazioni sul fegato e sulla salute. In genere, dopo tre giorni di questa dieta, la notte mi alzo, apro il freezer e mi sbafo i sofficini ancora surgelati.

E così via, in un’altalena alimentare che mi distrugge il metabolismo ormai da trent’anni.

Certo, qualcuno potrà pensare che Totonno non esiste ed è soltanto una mia patetica invenzione per giustificare dei comportamenti alimentari al limite dell’insano.

Forse.

Ma se il mondo ritiene che la bellezza assomigli ad un insetto stecco con i capelli vaporosi e tu hai la sfortuna di nascere con le papille gustative che riconoscono come cibo solo le cose solide ed unte, in qualche modo devi fare.O ti ficchi le dita in gola e ti vomiti l’anima o ti inventi Totonno.

Fate vobis

martedì 17 aprile 2007

Condomini urbani

Chiunque viva in città,all’interno della cinta delle sue mura, sa che per questo privilegio deve pagare un prezzo.

Non è gratis ed il prezzo dell’urbanizzazione può essere elevato. E non parlo solo del costo degli affitti che è salito alle stelle, parlo della CONDIVISIONE DELLO SPAZIO. Noi cittadini ormai siamo rassegnati: nell’urbe ci sta un sacco di gente. Un sacco di gente negli autobus, nelle metro, nelle automobili, sui motorini, alla posta, in banca, nei negozi, negli ospedali, nelle chiese, nei bar, sui marciapiedi ..tutti sono dappertutto e sono TANTI. L’aspetto peggiore della congestione urbana è che ti segue fino a dentro casa..o quasi..

Se sei un cittadino doc, infatti, abiti in un condominio. Il condominio urbano per eccellenza è un enorme casermone con minimo trentacinque appartamenti ma rientrano nella definizione anche condomìni minori ma densamente popolati (ad es. un condominio di soli dieci appartamenti ma abitati tutti da famiglie allargate di cinesi).

La definizione canonica di condominio urbano è: palazzone enorme svettante verso il cielo popolato da esseri urbani incarogniti che fanno di tutto per darsi fastidio l’un l’altro.

Dove abito io il sindaco ci ha appena concesso la palma d’oro per il condominio urbano più rappresentativo di Roma.

Noi condomini del vicolo putrido dove abito siamo trecento, un palazzone di otto piani con quattro appartamenti per piano, dove siamo stipati oltre la capienza massima del palazzo stesso e della sopportazione umana. Io, dopo quasi sei anni, conosco si e no sei persone e solo perché ci ho litigato. L’assoluta indifferenza nei confronti dei propri vicini fa molto cittadino e anche radical chic nonché trendy.

Anche se non ho il piacere di aver fatto la loro conoscenza approfondita non ho potuto fare a meno di notare alcune caratteristiche che contraddistinguono i miei condomini, rendendoli peculiari e specifici; tutte queste caratteristiche fanno si che essi siano dei tremendi scassacazzi.

Li elenco uno a uno, in ordine di piano

La pazza del primo piano

La signora avra’ circa 80 anni. Dal suo appartamento proviene una puzza nauseabonda, ogni volta che ci passo accanto mi viene il dubbio che si stia decomponendo e mi chiedo se sia il caso di chiamare un’ambulanza, poi lei apre la porta tutta truccata (peccato che il rossetto sia sempre sbafato e l’ombretto azzurro le arrivi fino al naso) e strilla:”chi sei tu? Che vuoi? Portami giù la mondezza!” e ti porge un sacchetto colmo di puzza puzzosissima che è evidente che contiene uno o più gatti morti. La pazza del primo piano rappresenta un rompimento di palle leggerissimo: non palesa mai la sua presenza tranne che con la puzza, alla quale tutto sommato puoi provvedere mettendoti un fazzoletto profumato sotto al naso quando passi vicino al suo appartamento.

La signora abruzzese del secondo piano

Detta anche la piattola abruzzese. Nel decennio d’oro degli anni ’60 il defunto marito la portò qui nell’urbe, regalando a tutto il palazzo la sua invadente presenza. Vedova ormai da anni, con figlia grande che vive con lei e dorme nello stesso lettone matrimoniale (lo so perché è la terza cosa che ti dice quando ti incontra; la prima è che i cinesi dell’appartamento affianco al suo secondo lei sono tremila, puzzano e sono tutti clandestini, la seconda se sei informato del fatto che in questo condominio sono tutti sporcaccioni e la terza che lei non si rassegna a dormire da sola perché tiene paura della morte, quindi la figlia dorme con lei così aspettano le Vecchia Signora insieme) non le rimane che lamentarsi del prossimo suo. Va detto che i miei vicini le danno tutte le ragioni per lamentarsi: essendo dei grandi zozzoni, infatti, gettano un sacco di cose immonde dalle finestre e tutte vanno a finire sulla mega pianta che lei ha piantato in un vaso striminzito fuori al balcone che prima o poi casca e ammazza qualcuno. Il top del top si è raggiunto quando mano ignota gettò dalla finestra un preservativo usato che atterrò con grazia sulla foglia più lucente della sua mega pianta

Quel giorno la piattola abruzzese fermò chiunque, essere animale vegetale o minerale per raccontargli dello schifo accaduto. L’ho vista raccontarlo anche alle cassette della posta.

Il fastidio dato dalla piattola è medio: quando la incontri per le scale non c’è modo di evitare che ti trattenga almeno venti minuti con la descrizione dettagliata di quello che ha trovato la mattina sulla pianta; per paura che tu possa scappare senza aver sentito tutti i dettagli in genere ti tiene confidenzialmente fermo trattenendoti il braccio.

La disadattata del terzo piano

Sono io

La malinconica del quarto piano

Trentacinque anni o giù di li; sposata, annoiata, frustrata. Il marito periodicamente parte per lavoro e allora viene da lei il suo amante coattone tatuato e dal suo appartamento provengono orribili suoni e fastidiosi rumori di reti cigolanti. Considerando che la sua stanza da letto è sopra la mia il fastidio creato dalla malinconica è enorme..ma il peggio deve ancora venire: all’alba il coattone se ne va, lasciandola sola con i suoi pensieri. Lei, per consolarsi, mette su il cd di Gigi D’alessio per dieci-dodici volte e io mi sveglio con la voce di quel tamarro canterino che narra di amori malati ed insani.

Lo scienziato pazzo del quinto piano

Ricercatore di biologia, egli fa parte di una chiassosa ma allegra famiglia di sud americani, circa cinque membri (per stanza). Lo scienziato alleva cavie da laboratorio per un esperimento non ben definito. Periodicamente succede questo: il topo scappa dalla finestra, scende lungo la grondaia, arriva nel putrido cortile condominiale, si fa qualche giretto seminando il panico, tutti strilliamo dallo schifo e per paura che il topo riesca anche a salire dalla grondaia viviamo con le finestre chiuse fino a quando non lo vediamo più in giro. In genere il topo, appena capisce come cavolo uscire da quel cortile pieno di gente che urla, lo fa e col cavolo che torna indietro. Molti di loro sono stati reclutati da cattivissime zoccole di fogna che stanno organizzando un esercito per attaccare il colosseo. Il fastidio provocato dallo scienziato pazzo è medio ma incontrarlo nell’ascensore con la giacca dal cui taschino esce un topo non è piacevole.

I pakistani del sesto piano

Sono circa quindici, tra anziani, giovani e bambini e dato che per qualche stupida superstizione pakistana non prendono mai l’ascensore, salgono e scendono a piedi urlandosi frasi nella loro lingua pakistana che pure quando ti salutano sembra che ti stiano intimando di alzare le mani e sdraiarti sulla schiena. Quando li sento fuori dal pianerottolo penso sempre che un gruppo di terroristi si sia impadronito del palazzo e stiano minacciandoci di morte. Mi sono simpatici ma essendo sedici averli fuori dal pianerottolo che urlano è fastidioso.

La pazza del settimo piano

Ogni condominio che si rispetti ha un pazzo, noi ne abbiamo due: che culo.

La pazza del settimo piano è fastidiosissima: circa 30 anni, è affetta dalla sindrome di Tourette che la costringe a ragliare mentre parla. Per cui a volte la incontri, ti dice buongiorno e poi raglia per quindici minuti. La cosa terribile è che in genere, quando le viene il raptus lei si affaccia dalla finestra e raglia nell’aria condominiale, così non sfugge a nessuno che lei ha l’attacco di nervi. Ma l’aspetto veramente agghiacciante è che riesce a calmarsi solo ascoltando a tutto volume Laura Pausini. Sempre con la finestra aperta.

Grado di fastidio:

illimitato

Il portiere dell’ottavo piano

O meglio, adesso è in pensione. Per 40 anni don Salvatore è stato il portiere dello stabile ed ora è affetto da una strana sindrome patologica che gli fa ritenere di avere ancora delle mansioni da portierato: ti ritira la posta, addobba il palazzo per Natale, aggiusta i citofoni, l’ascensore e le antenne sul terrazzo. Il fastidio è molteplice: è una persona irascibile ed e se tu non l’assecondi nella sua patologia ti sputa sullo zerbino. Se non gli dai la mancia a Natale, poi, puoi scordarti di vedere la tua posta. La cosa peggiore è che tiene in piedi da anni una faida con l’ex portiere dello stabile vicino, don Vincenzo, anche lui in pensione e anche lui afflitto da sindrome di portierato acuto. Per anni si sono guardati in cagnesco da una parte all’altra della strada, contendendosi lo spazio dello sconnesso marciapiede e facendo discorsi del tipo: questa parte della strada appartiene a me, da qui in poi inizia il mio territorio ecc.

Se per caso io mi azzardo a mettere il motorino nella parte di marciapiede appartenente all’altro stabile mi becco doppia cazziata: da don Salvatore che si sente tradito e da don Vincenzo che sbuca fuori dal tombino e urla; ragazzì, ti ho detto che qua il motorino non lo devi mettere!!!

Fastidio maximo.

Una volta che non trovavo posto davanti al mio palazzo ho messo il motorino in un garage a ore. Non ce la facevo a subire la cazziata di don Vincenzo

L’infante urlatore (ubicazione sconosciuta)

Non so precisamente dove abiti, non fa parte del mio condominio ma è installato in uno degli altri enormi casermoni che si affacciano sul cortile condominiale. Nato nel gennaio di quest’anno, l’infante urlatore ha la caratteristica di piangere a pieni polmoni a partire dalle 22.40 o giù di li ed andare avanti fino alle sei del mattino. Urla talmente forte che anche con le finestre chiuse e la testa sotto al cuscino lo senti uguale, come se ce l’avessi nel salotto. Se per caso smette un attimo, è solo per riprendere fiato ed urlare ancora più forte. Fastidio incommensurabile.

Fanno inoltre parte del mio condominio un’altra serie di figure variegate non fastidiose: l’ingegnere egiziano scappato dal suo paese in cerca di una vita migliore; un cattivo amico gli ha consigliato l’Italia ed ora è qui a fare l’operaio edile di quarto livello; la parrucchiera divorziata sempre allegra che tira su le figlie da sola che l’ex marito è alcolizzato e non le passa gli alimenti; la vecchietta dell’ultimo piano, ex insegnante zitella, sempre distinta e con un sorriso dolce; il cagnolino willy tanto vecchio, quasi quanto la sua padrona; la bellissima quattordicenne filippina del secondo piano che torna da scuola ogni giorno accompagnata da un ragazzo diverso e gia ha capito il suo potere di femmina attraente; che la patatina, pure se filippina, tira.

Con tutte queste persone mi piacerebbe approfondire la conoscenza e creare una cordiale relazione di buon vicinato ma… l’assoluta indifferenza nei confronti dei propri vicini fa molto cittadino e anche radical chic nonché trendy.

La notte che per sbaglio ho visto Dio

La notte che per sbaglio ho visto Dio è andata più o meno così.

Dormivo placida e beata nel mio lettone quando all’improvviso mi sveglio e, ancora mezza rinco, mi accorgo che la stanza è illuminata a giorno.”cazzo” penso (io penso e dico spesso parolacce, vi avviso e non mi appongo alcun tipo di censura) quindi penso “cazzo!!! È giorno-non ho sentito la sveglia-devo andare al lavoro-mio dio-ma che cazzo di ore sono-come ho fatto a non svegliermi-aiuto” e mentre penso tutta questa sequenza di cose mi accorgo che la luce brillante che filtra dalla serranda non sembra affatto il sole ma tipo luce elettrica di un grande riflettore. Apro la finestra e lo vedo, lì, al centro della mia visuale, proprio sopra il tetto del palazzone di fronte : un enorme, immenso occhio di bue che mi illumina in pieno, come se si fossero aperte le quinte di un mega teatro e io, centrando la luce da attrice perfettamente consumata potessi iniziare in maniera ispirata a recitare i monologhi della vagina

Bellissimo.

Sono nel pieno del fascio di luce che mi avvolge ed è caldo e rassicurante e non so come spiegare meglio questa cosa ma il fascio di luce trasmette questa sensazione, è evidente che è una cosa viva che comunica con me attraverso le sue particelle lucenti, e mentre mi avvolge, mi chiede di non aver paura.

Paura? Ma scherziamo? È una vita che sono pronta a questo evento, figuriamoci, sono preparatissima, ho sempre sperato che un giorno accadesse e finalmente è successo davvero…sono sbarcati gli extraterrestri

Appena finito di formulare questo pensiero il fascio di luce si indigna, sento la sua indignazione in ogni poro della pelle e anche nei capelli che diventano tutti elettrici e mi si drizzano pure i peli del braccio e una voce inizia a parlare nella mia testa

“ma quali alieni ed extraterrestri del cavolo!!! IO SONO DIO” tuona

Ah

Dio

Minchia

Non ero preparata

Dio

Accidenti

Rimango lì basita dentro il fascio di luce che ora è di nuovo calmo e rassicurante a bocca aperta anzi spalancata. “Dio..infatti ..mi pareva che più o meno esistevi…”

“Più o meno”, conferma tranquillo, sempre parlando nella mia testa.

E rimango lì, zitta muta dentro il fascio di luce caldo, senza che nulla, dico ASSOLUTAMENTE NULLA mi esca dalla bocca.

Sono senza parole

Il che è un miracolo, direbbe chi mi conosce, confermando che ero senz’altro al cospetto di una divinità.

Il silenzio è totale, nessun pensiero coerente riesce ad affacciarsi nella mia mente e a me i silenzi mi mettono a disagio, non posso farci niente, sono una che non sa stare zitta, che deve riempire i vuoti, non posso fare la figura della demente insomma è Dio, dì qualcosa, fagli una domanda intelligente, qualcosa sulla fisica dei quanti magari o sull’origine dell’universo, chiedigli qualcosa insomma qualsiasi cosa ma non stare qua zitta immobile come una stoccafissa sul bancone del pescivendolo, penserà che sei una cerobrolesa, miseria ladra, stai facendo la figura della sub cretina e allora gli chiedo e non posso veramente credere di averlo fatto ma l’ho chiesto ecco io gli chiedo:

“come mai da queste parti?”

A volte è meglio strare zitti e sembrare stupidi che parlare e togliere ogni dubbio

Ma Dio, essendo Dio, non si scompone e risponde tranquillo nella mia testa: ”veramente passo spesso ma fino ad ora non ti eri mai svegliata, hai il sonno pesante”

Merda!! Ecco l’ultima di una serie di occasioni perdute, Dio che passeggia nella periferia dell’urbe cercando qualcuno con cui fare due chiacchiere ed io invece dormo della grossa magari russando anche

“solo qualche volta” mi rassicura lui

Dunque, facciamo il punto; appare Dio, io lo scambio per un marziano, poi gli chiedo come mai da queste parti e se per cortesia può confermarmi se russo.

Fantastico

La più allucinate rivelazione spirituale che essere umano abbia mai avuto, complimenti a me, sono veramente pessima, persino quell’incolta di Bernadette quando ha visto la madonna ha avuto una reazione più appropriata della mia.

A questo punto Dio, come se la particelle di luce avessero seguito i miei pensieri, mi dice:

“Adesso devo andare, altrimenti si fa troppo tardi, domani mattina ti devi svegliare presto”

E in quel momento esatto suona la sveglia

Mi sveglio di soprassalto e mi accorgo che la mia stanza è illuminata a giorno e stavolta è il sole e sto per fare tardi in ufficio quindi mi catapulto fuori dal letto ancora mezza rinco e mi chiedo se è stato tutto un sogno o invece qualcosa che sembrava un sogno ma invece era una visione vera e propria e tutto il giorno ci penso e ci ripenso senza arrivare a capo della cosa e nessuno riesce ad aiutarmi in questo dilemma, in quanto ho potuto verificare che quando dici a qualcuno che hai visto Dio perdi immediatamente credibilità e iniziano a guardarti in modo strano e qualche spiritoso ti chiede se vedi anche persone che ti seguono o senti voci che nessuno sente.

E’ evidente che questi stolti non hanno mai avuto nessuna rivelazione spirituale, ovvio.

Alla fine, ho capito che non era affatto importante sapere se si trattava di un sogno o meno, perché, anche se fosse stato soltanto un sogno e quindi in pratica parlavo da sola, darsi da sola delle risposte è meglio che non avere nessuna risposta, anzi è più proabile che le risposte che ti dai ti piacciano di più.

Per cui, Dio, per favore, torna.

Stavolta sono preparata, mi sento in forma ed ho una lista di domande interessantissime da porti.

Ti prego signore, io ho la pressione bassa e appena sveglia non connetto bene e poi capisci lo stupore, la meraviglia: dopo un’infanzia cattolica rinnegata, un’adolescenza atea seguita dall’attuale laico agnosticismo , io non mi aspettavo proprio la tua visita, mi hai colto di sorpresa; in fondo c’e’ gente che sta li tutto il giorno a meditare sulle cime tibetane aspettando di vederti o passa la vita a fare buone azioni e a sgranare rosari pur di giungere a te, per non parlare di quelli che si fanno esplodere convinti che la prima cosa che vedranno, una volta dissolti i fumi delle bombe, sarà la tua divina essenza..quindi abbi pazienza,riproviamoci: ciak buona la seconda, torna dai.

Non ti preoccupare, Signore, non ti farò nessuna domanda idiota o troppo inflazionata: non voglio chiederti nulla sulle origini dell’universo, anche perché sospetto che eminenti scienziati abbiano gia la risposta giusta, né ti chiederò se ci hai fatto a tua immagine e somiglianza in quanto mi pare di no, visto che tu sei un bellissimo fascio di luce e io una paffuta e tarchiata signorina, quindi mi sembra ovvio che, per quanto riguarda la nostra fisicità, hai lasciato fare alla genetica.

Vorrei sapere, invece, se Gesù era veramente tuo figlio o se invece era per caso Siddharta o eventualmente tutti e due. Anzi no, ho cambiato idea, non è poi così importante in fondo: entrambi mi stanno simpatici, hanno lanciato al mondo messaggi di pace e di amore e per me non cambierebbe nulla sapere se erano di origine divina o no.

Inizialmente, volevo anche chiederti se passavi spesso dal Dalai Lama o se sei mai andato a trovare Ghandi o Nelson Mandela. Ma non ti chiederò nemmeno questo, Signore, è ovvio che eravate in contatto.

E stai tranquillo, non intendo nemmeno chiederti perché permetti che nel mondo succedano queste brutte e terribili cose come le guerre e le epidemie e la fame e le malattie, perché mi rendo conto benissimo che è da quando l’uomo ha sviluppato il pollice opponibile che lavora in favore della sua distruzione; la merda che c’è nel mondo l’abbiamo seminata noi con consapevolezza e determinazione, tranquillo non ti maledirò per questo. Sono troppo convinta che ciascuno è artefice del proprio destino per poterti colpevolizzare dell’attuale situazione mondiale.

Ah ecco Signore, su questo non intendo discutere: io credo FERMAMENTE nel libero arbitrio, su questo non c’e’ storia per cui non intendo nemmeno iniziarla una discussione del genere con te, non finiremmo mai di litigarci per cui depenniamo anche quest’altro argomento.

MA una cosa te la devo chiedere Signore, è importantissimissima questa cosa Dio, io devo assolutamente averne conferma.

Tu con quelli in Vaticano non c’entri niente, giusto?

Perché se è così, se mi confermi questa cosa, che tu manco sai chi sono e nemmeno ci vuoi avere a che fare, allora Signore, io credo che ci siano le basi per una futura e proficua convergenza .

Come vedi, adesso sono pronta, quindi, torna a passeggiare dalle mie parti. E per favore, anche se vedi che dormo della grossa, svegliami, non avere remore, se facciamo tardi a chiacchierare il giorno dopo mi butto malata e non vado in ufficio

Per piacere, torna a trovarmi

E se decidi di non tornare più pazienza, lo capisco, non è che hai tutto questo tempo da perdere ma voglio dirti, Signore, che mentre sto scrivendo c’è la luna piena ed è bellissima, Signore, la cosa d’argento più bella mai vista nel cielo, veramente, la luna ti è venuta proprio bene e anche il mare ed il tramonto, Signore, sono perfetti, davvero.

Passo e chiudo

A presto

Io sono un essere urbano


E’ che io sono un essere urbano.

Amo la città, i suoi rumori, i suoi odori,il suo smog,la sua congestione, il suo delirio architettonico,il traffico impazzito,i cittadini incarogniti,gli autobus affollati, le metro puzzolenti,i marciapiedi stretti e sporchi…la città mi fornisce il giusto grado di esaurimento nervoso funzionale ad espletare le mansioni quotidiane di una brava cittadina.

La città mi stimola.

La città mi inebria

Sono innamorata dell’Urbe

Come spesso accade nei rapporti d’amore, si dà il partner per scontato. E’ li, abita vicino a te, condivide il tuo pasto, il tuo letto,il tuo bagno e dopo un po’ diventa una presenza di fondo nella tua vita, come per esempio la tua macchina o il tuo lavandino; ti piace, l’hai scelto tu, l’hai voluto ma ormai è acquisito; non ci fermiamo mai a pensare che bella cosa è stato incontrarlo e averlo con noi.
Quando sei un cittadino doc e passi metà della tua vita ad incazzarti con quelli che hai intorno e a prendere mezzi pubblici puzzolenti e affollatissimi, a lottare per rimanere vivo sulle strade mentre orridi mostri meccanici tentano sadicamente di schiacciare te ed il tuo due ruote, raramente pensi al privilegio che hai essendo un CITTADINO. Se decidi di andare a teatro e devi scendere di casa alle sei per riuscire ad arrivare dall’altra parte della città e perdere un’ora e mezza nel traffico dell’ora di punta, girare quarantacinque minuti per un parcheggio, dare la mancia al tossico parcheggiatore abusivo, farti cinque km a piedi perché ovviamente l’unico posto che hai trovato non era propriamente vicino al teatro, difficilmente il tuo pensiero va all’orgoglio di far parte dell’URBE.

Noi cittadini siamo abituati ad un rumore di fondo, mentre camminiamo per le strade; se riceviamo una telefonata ci troviamo ad urlare affinché il nostro interlocutore ci senta ed intorno a noi altri mille e mille cittadini urlano nei loro cellulari e mille e mille macchine clacsonano impazzite e mille mille vigili fischiano e mille e mille motociclette rombano e questo, signori, è il rumore dell’urbe.

Ovvio che poi, la prima volta che vai in campagna e ascolti gli uccellini e l’acqua che scorre nel ruscello pensi che questi sono i rumori che orecchio umano dovrebbe sentire.

Se fai il pendolare e prendi la metro al mattino e alle sette già puzza mista di aglio e lerciume vario e poi esci in superficie e il 791 che hai appena perso ti sbuffa in faccia il suo schifo dal tubo di scarico e questo succede tutte le mattine di ogni giorno, tutti i giorni di ogni settimana, tutte le settimane dell’anno di tutti gli anni che dovrai lavorare alla mortale azienda a cui hai dovuto vendere l’anima è più che comprensibile che alla prima gita al mare, sentendo il profumo dello iodio, pensi che narici umane non dovrebbero mai sniffare altro.

Torni a casa, nel tuo piccolo appartamento urbano,nel condominio urbano dove altri miseri urbani come te stanno rientrando e chiudi la porta di casa e ti guardi i 50 mq dove vivi con tua moglie, i tuoi due figli ed il cane e pensi che non hai nemmeno uno straccio di angolo tutto per te e non hai voglia di parlare con nessuno ma devi parlare con tutti e arriva anche la vicina di casa che chiede una tazza di latte e subito ti chiama il tuo capo per una cosa che dovrai fare domani e state seduti a tavola stretti stretti che la cucina è piccola e i ragazzini urlano..

La città ti stressa

La città ti spompa

La città ti invecchia.

Sei stanco, esaurito, depresso , congestionato e mezzo sordo; odi i tuoi vicini di casa, il tuo capo,l’autista del 791,tua moglie e anche i tuoi figli , anche se non lo confesseresti mai.

E così lo fai.

Te ne vai dall’URBE

In campagna

In mezzo agli uccellini, ai ruscelli, al silenzio della natura. E hai una bella casa grande con il giardino ed il caminetto ed uno studio tutto per te e la famiglia si perde negli spazi e il cellulare non prende dentro casa e il tuo capo non ti può raggiungere e i ragazzini forse urlano ma non lo sai perché stai chiuso nel tuo studio a sghignazzare sul geniale sistema da te trovato per sfuggire alla congestione urbana.

Lascia che ti dica una cosa, cittadino trapiantato.

La tua fuga dall’URBE è un meschino ed egoistico gesto le cui conseguenze dovranno subire i tuoi amici e parenti, e anche i tuoi figli quando saranno adolescenti e dovranno farsi 30 km a piedi per trovare la donna più vicina.

Tu sei andato via e io ti capisco; ognuno ha i suoi limiti e io mi lamento dalla mattina alla sera della mia misera condizione di cittadina urbana motorizzata e terrorizzata ma se tu vai via dall’urbe, amico mio, devi fare una scelta radicale; taglia i vecchi legami, dì ciao ciao davvero ad amici e parenti e ricomincia tutto daccapo con i tuoi villici vicini;

Fai il campesino in tutto e per tutto.

Non costringerci a venirti a trovare

Se a te va di farti 20 km di autostrada e 18 uscite di raccordo anulare per giungere alla tua moderna fattoria, va bene. Ma non invitarci a casa tua la domenica o al tuo compleanno: ci attiri lì con la scusa che è primavera e possiamo mangiare la carne alla brace di villica origine e poi ce ne stiamo davanti al camino a bere grappa e a parlare di politica e poi guardiamo il tramonto sulla valle dalla tua terrazza del piano di sopra.

Bellissimo senza dubbio

Io ci sono venuta a trovarti.

Avrei dovuto capire che non era una grande idea quando mi hai dato il tuo indirizzo e ho potuto constatare che non faceva menzione di una via specifica ma diceva di percorrere il raccordo ed uscire all’indicazione “fine della civiltà”,prendere l’autostrada , uscire a culonia nord poi imboccare la statale ovest e dopo il benzinaio girare al quarto palo a sinistra.

Il quarto palo a sinistra NON E’ UN INDIRIZZO.

Via Giacomo Aldini 15 è un indirizzo.

Via Galvani 23 è un indirizzo.

La statale ovest è in realtà poco più di un vicolo, è ridotta male e si vede che non ha alcun tipo di illuminazione.

Comunque, ci vengo

E vedo la tua bella casa, con il tuo bel giardino e mangio il tuo cibo e beviamo la grappa intorno al camino e guardiamo il tramonto ed il giorno si fa sera e arriva la la nebbia e io me ne devo tornare a casa.

E percorro all’indietro la maledetta statale e non si vede assolutamente nulla e poi incontri un bivio ma vai a capire dove devi girare e la nebbia è nebbiosissima e io avrò anche un pregiudizio ma se volevo vivere in mezzo alla nebbia me ne andavo a vivere in padania, cazzo e ovviamente non ci sono lampioni, la statale segnaletica orizzontale è del tutto sbiadita e c’è nebbia pure in autostrada e non si vede nulla ma si capisce benissimo che intorno a te ci sono pericoli pericolossimi come zombie o tir impazziti che sbandano fuori strada ma tu li vedrai solo quando sarà troppo tardi.

Urbe, urbe mia, perché ti ho lasciata?

Quale insano istinto mi ha guidata fuori dal tuo raccordo anulare?

Perché, perché mi sono lasciata sedurre dal verde che prolifera fuori dalle tue mura?

Sono stata blasfema, madre Urbe, perdonami.

Giuro che se riesco a rientrare in città viva domani vado a baciare il colosseo e anche vado in pellegrinaggio scalza al circo massimo e arrivo fino ai fori parlando al contrario per punire la mia bocca che ha prounciato parole impure ed extra urbane.

Ma fammi uscire da questa ovatta, ti prego

Ma come fanno i villici da queste parti a vivere con questo fenomeno atomosferico assurdo? E corrono pure, stì stronzi e clacsonano e ti mostrano il medio senza rispetto per una povera cittadina terrorizzata dallo stare in mezzo al nulla e al silenzio che tipo buco nero inghiotte gli ultimi residui di coraggio che mi sono rimasti.

E tutto perché? Perché al tuo amico hanno ceduto i nervi e si è voluto comprare la mega casa in campagna ed è andato ad abitare sulla strada sterrata al quarto palo a destra.

Vi dico una cosa, cari signori che scappate dalla città: andatevene e arrivederci.

Salutateci per sempre.

Non potete fare i campagnoli con gli amici cittadini.

Cercatevi altri amici; in fondo, avete fatto una scelta, abbiate il coraggio di sostenerla: se non vi piace la città non vi piacciono nemmeno i cittadini, non ci costringete ad annuire mentre ci raccontate che vi alzate alle cinque del mattino per arrivare con la macchina alla stazione ferroviaria più vicina per prendere il treno, giunti in città vi ficcate nell’autobus e poi fate tutto uguale al ritorno però quando rientrate dentro casa adesso avete lo studio privato ed il sacrificio vale la pena.

Non posso resistere per molto con il sorriso educato quando sento simili follie.

Quando mi volete vedere, la strada la conoscete

Finalmente ecco il raccordo e la Prenestina e la Colombo, la mia arteria della morte preferita.

Mentre sono ferma al semaforo un cretino getta un petardo e lo scoppio è terrificante.

Neanche mi smuovo.

Gli stronzi coi petardi a me mi fanno un baffo.

I pericoli cittadini mi rimbalzano

Mi sento di nuovo wonder woman mentre riparto e a momenti tampono il tizio davanti a me che trattava il prezzo con una mignotta.

Questa è vita, signori

Questa è l’urbe

Fatta di strade illuminate,asfaltate, mal frequentate.

IO sono un essere Urbano

E ai cittadini orgogliosi di esserlo io regalo queste mie parole:

VIVA VIVA LA CITTA’

Viva il traffico, lo smog e rumori

La metro affollata ed i suoi cattivi odori

Viva l’autobus che non arriva

Viva la folla in mezzo alla via

Viva i secchioni che sono stracolmi

Mangiano i topi e pure i colombi;

viva il parcheggio che non c’è,

prima o poi qualcuno uscirà e toccherà anche a te;

viva i vicini rompicoglioni

viva le case senza balconi

viva la vita cittadina

i negozi aperti sera e mattina

gli ipermercati e centri commerciali

viva le voglie che ti puoi far passare

viva la storia di queste strade

viva le antiche piazze assolate

viva il tramonto sull’ansa del fiume

concentrati sul cielo e non guardare il lerciume

viva il traffico palpitante

viva lo smog che mi uccide lentamente;

viva i clacson suonati a morte

viva le orecchie che si sono rotte

viva i barboni sotto i ponti

vissuti di sogni e morti di notte

viva la città che non li guardava,

maledetta, vecchia, incantata puttana

viva la tua placida indifferenza

ti amano, ti odiano, non te ne frega niente

Di tutte le urbi tu sei la regina

Il più comodo di tutti i vecchi cuscini

Quello di cui non ti riesci a disfare

Viva viva la città

Viva il traffico lo smog e i rumori

La metro affollata ed i suoi cattivi odori

Viva i cittadini che vivono velocemente

Vanno di fretta e non perdono un momento

Ma di tanto in tanto si vanno a riposare

Sul più comodo dei vecchi cuscini

Quello di cui non ti riesci a disfare

Suv Urbani

Io adesso vorrei parlare di questa emergenza urbana, di questa catastrofe cittadina che devasta le collassate strade della capitale, di questa insensata e purulenta piaga piombata nelle nostre urbane esistenze

Eppure essi sono qui, tra noi, piagosi ed invadenti, a circolare prepotenti dappertutto: gigantesche e mastodontiche bare ambulanti che vagano in giro al solo scopo di intasare strade e parcheggi e di distruggere tutto cio’ che e’ piu’ piccolo ed indifeso di loro. Ovvero, il resto del mondo.


Essi sono il nemico.

Parassiti dell’urbe,tentano con scaltrezza di propagarsi come virus nelle nostre vite per attaccarci dall’interno; hanno sapientemente manipolato l’opinione pubblica in loro favore, hanno dalla loro parte tutto il mondo del marketing che ce li propina come la rivoluzione del futuro, l’idea geniale che ti salva dallo stress urbano…ovviamente, se te lo compri, lo stress viene a tutto il resto del mondo urbano che ti circonda.

Guardiamoli, mentre si muovono pachidermici per le strette vie dei mercati rionali, fermi ai semafori mentre intasano con la sola presenza almeno due corsie, mentre si infilano con lentezza esasperante in un parcheggio al centro, rimanendo comunque, anche in caso di manovra perfetta, per tre quarti in mezzo alla strada…ma io dico ma quale mente malata puo’ pensare, se non abiti nell’Ohio, che il catafalco possa esserti di una qualsiasi utilita’??? devi forse trasportare fascine di grano? Legno per farci uno steccato? Fieno per dare da mangiare alle bestie? Se la risposta e’ no, caro amico acquistatore di SUV io ti dico questa cosa fondamentale: La bara non ti serve a niente. Tutto quello che devi fare, potevi farlo anche con una Micra.

Adesso non dire la minchiata sulla sicurezza, perché è forse vero che il pachiderma non si sfascia, se vai a schiantarti contro un’altra macchina ma il tipo dell’altra macchina resta scamazzato sotto il peso della tua bara e muore, quindi tu rimani egoisticamente ed ingiustamente in vita con una condanna per omicidio colposo sul groppone. Il Suv è sicuro per te ma è un pericolo per tutti gli altri e l’egoismo del tuo acquisto peserà sul tuo Karma, facendo si da farti reincarnare in un segnale di stop che nessuno rispetta.

Come?

Ah guarda con me non attacca nemmeno quella cosa del pupo. E’ inutile che vagoli sul fatto che hai un bimbo piccolo e gli vuoi assicurare una guida sicura, lo so benissimo che questa e’ la manfrina che ti ha propinato tua moglie mentre gli ormoni della gravidanza prendevano il sopravvento sui neuroni ma a questa cosa non ci credi nemmeno tu, figurati io. Una guida sicura si ottiene rispettando i segnali stradali ed i limiti di velocita’, non trincerandoti dietro un catafalco ringhioso simbolo ovviamente freudiano di un gigantesco pene. Non attacca. Tu fai un bimbo piccolo, un esserino di nemmeno tre kg e ti compri un mostro di tre tonnellate per portarlo in giro.

Ma andiamo.

Per favore.

Come se per il solo fatto che, dovendo mettere un seggiolino sul sedile posteriore della tua macchina,improvvisamente tutto diventi stretto e angusto ed il pargolo, che ha vissuto beato nove mesi in un piccolo utero, cada preda di attacchi di claustrofobia. Per cortesia.

Che poi tanto il pargolo, per scorazzarlo, devi imbracarlo in un mare di cinture e legacci che manco si puo’ muovere e lo lasci lì, tre km dietro di te a guardare abulicamente il soffitto. Ti do questa notizia: per il pargolo, il soffitto che guarda è indifferente. Se fosse quello di una cinquecento, per lui sarebbe lo stesso, anzi meglio: perlomeno il sedile di guida è più vicino e ti vede, magari ti sorride pure dallo specchietto. Se svomitazza te ne accorgi in diretta, non quando sei arrivato a casa, quando apri il portellone posteriore e ti rendi conto che il povero ha sofferto le curve tutto il tempo e tu non te ne sei accorto perché eri talmente lontano che per trovarlo durante il viaggio dovevi azionare il GPS.

Se ti compri l’elefante urbano, per avere la mia comprensione devi avere perlomeno tre figli, due cani e kg e kg di spesa da fare CONTINUAMENTE, altrimenti il pachidermico acquisto rimane per me inutile, irrilevante e fittizio.

E adesso per piacere non tirare fuori il fatto che la bara la usa tua moglie perché purtoppo lo so gia. Li riconosco subito i SUV guidati da una mamma. I catafalchi procedono ad intermittenza, alternando km di velocità inaudita a km di andatura tartaruga, procedono incerti ma determinati ad eliminare qualsiasi pericolo possa minacciare il pargolo legato da qualche parte nel retro. Per una mamma SUV, un motorino che procede a quaranta all’ora nella corsia opposta rappresenta un pericolo mortale: le statistiche di giovani che perdono la vita sui motoveicoli sono tristemente note e in un eroico gesto, per evitare la morte che potrebbe un giorno attendere il suo bimbo sulle due ruote, decide d’impulso di sterminarle tutte, buttandosi sull’opposta corsia con determinatezza e velocità, senza dare alcun segnale preliminare di freccia e inutilerie simili che magari così il motorino si toglieva mica è scemo che si mette a discutere con una mamma SUV.

La mamma SUV non sa fare il parcheggio nemmeno con la smart, figurati con il mostro.

Ma la mamma Suv non ha bisogno di saper parcheggiare: lei arriva al nido del pupo, si ferma bruscamente in mezzo alla strada in terza fila, mette le quattro frecce così pure i deficienti capiscono che lei si è parcheggiata, sbraca il pupo, lo porta dentro, si fa due chiacchiere con la maestra ed esce tranquilla e serena,incurante dell’ingorgo provocato e intimamente consapevole del fatto che lei tiene il mostro ed è più grande e potente di tutte le altre macchine e dall’alto del suo posto di guida non le arrivano nemmeno gli echi dei vaffanculo che tutti gli altri automobilisti le inviano.

Io penso che la mamma Suv quando fa così è una grande stronza.

Senti,non attacca nemmeno che abiti fuori città. A Roma fuori città significa, al massimo, che abiti in un grazioso quartiere residenziale fuori al raccordo con gli alberelli e le strade asfaltate; per tornare a casa non devi percorrere km di sterrata facendo lo slalom tra gli stambecchi e se stacchi dall’ufficio alle sei al massimo puoi arrivare, sul raccordo, a mettere la seconda. Ancora una volta, se tenevi una smart o una moto, facevi prima e non ingombravi.

Nulla e sottolineo NULLA giustifica e legittima l’acquisto del catafalco; Il tuo effimero senso di soddisfazione per i simboli medio borghesi di cui ti sei circondato ti rende, semmai, ancora più antipatico. Racconti agli amici, con l’aria fintamente afflitta,mostrando la tua casetta nel quartiere residenziale con gli alberelli e il pupo in braccio: “quando decidi di farti una famiglia tutto questo è necessario”. Non ti credo, antipatico acquistatore di SUV.

Per farti una famiglia bastano due camere e cucina OVUNQUE, una cinquecento e un minimo di buon senso. Per girare per Roma NON OCCORRE terrorizzare tutti cavalcando la bara, perché è una città talmente congestionata che devi avere i neuroni storti per pensare che hai risolto i problemi di parcheggio comprando una cosa che cattura lo spazio peggio di un buco nero. Per millenni la gente ha fatto figli portandoli a scuola a piedi (lo sai che sui piedi non si paga il bollo??), è andata ad abitare lontano servendosi dei mezzi pubblici senza sentire la necessità di accendere una seconda ipoteca sulla casa per soddisfare il senso di rivalsa contro il mondo perché da piccolo i compagni ti prendevano in giro che eri basso e adesso tu allora ti sei comprato il SUV. I bambini, si sa, a volte sono crudeli. E, soprattutto, a volte sbagliano il tiro. Dovevano prenderti per il culo non per l’altezza ma perché sei stupido in maniera evidente.

E per questo, amico del SUV, io ti avverserò.

La nostra società urbana è estremamente funzionalista, ciò che non funziona, si estingue.

E io attenderò la tua estinzione, sub cretino malato di elefantiasi, sono seduta qui attendendo di veder passare il tuo cadavere. Ma, se sono fortunata, esso si sotterrerà da solo in un banale incidente d’auto, in cui il catafalco è rimasto coinvolto cadendo in una di quelle profondissime buche che il peso del tuo mastodonte ha creato sulle strade, giorno dopo giorno, sempre più profonde, che arrivano quasi al centro della terra. Se devo credere in quello che succede in “Ai confini della realtà” esse si trasformeranno a breve in varchi dimensionali, trasportandoti, al tuo ennesimo passaggio su di essi, dritto dritto affanculo.

Distinti saluti.